•  
  •  
​​​​​​​Direttore: Pasquale Sacino - Redazione: Mettstr. 75 - 2504 Bienne - Telefono: 032 345 20 24 - rinascita@bluewin.ch​​​​​​​
image-10378898-Svizzera_e_Italia-16790.jpg
image-11693408-palazzo_federale2-d3d94.w640.jpg

Le zecche svizzere trasmettono più malattie di quanto noto

image-12294389-zecche-8f14e.w640.png
A dirlo uno studio per il quale è stato analizzato il sangue di pazienti affetti dalla malattia di Lyme, trasmessa loro da zecche.
Bienne, 27 Giugno 2023 - Secondo un nuovo studio, le zecche svizzere non trasmettono solo la malattia di Lyme e la meningoencefalite primaverile-estiva (FSME), ma anche altre patologie, come le infezioni da rickettsia e l'anaplasmosi. E in una misura che ha sorpreso persino i ricercatori. Attualmente in Svizzera non si viene sottoposti a test per queste patologie dopo il morso di una zecca, ha precisato all'agenzia Keystone-ATS la responsabile della ricerca, Patricia Schlagenhauf dell'Università di Zurigo, aggiungendo che per questo motivo sono sottodiagnosticate e spesso non vengono trattate in modo specifico.
Mancanza di certe conoscenzs
Mentre la FSME e la malattia di Lyme sono al centro dell'attenzione sia medica sia mediatica, si sa invece poco delle altre malattie trasmesse da questi piccoli animali. Per lo studio, è stato quindi analizzato il sangue di pazienti affetti dalla malattia di Lyme, trasmessa loro da zecche. Ebbene, nel 54% dei casi queste persone presentavano nel sangue anche rickettsie, ossia batteri che possono scatenare infezioni con sintomi quali febbre e mal di testa. In circa il 10% dei casi è stato trovato anche il batterio che causa l'anaplasmosi, una malattia che può provocare dolori muscolari e mal di testa, oltre a febbre e nausea.
Infezioni da zecche sempre più comuni
"Siamo rimasti sorpresi dal fatto che ce ne fossero così tanti", ha affermato Schlagenhauf. Nello studio - pubblicato dalla rivista New Microbes and New Infections - i ricercatori sostengono che dopo una puntura di zecca si dovrebbe tenere conto di una possibile infezione da parte degli agenti patogeni citati, in modo da scegliere una terapia specifica, in particolare se sopraggiungono dolori muscolari, mal di testa e stanchezza persistente. Questi risultati sono ancora più importanti perché le infezioni da zecche stanno diventando sempre più comuni in Svizzera e in tutta Europa, ha concluso Schlagenhauf.

La Svizzera "agisca contro la mafia"

image-12290882-della_vlle-e4da3.png
La richiesta di alcuni Paesi europei nei confronti della Confederazione per una maggiore lotta alla criminalità organizzata. Foto: Nicoletta della Valle, direttrice di Fedpol
Bienne, 25 Giugno 2023  - Alcuni Paesi europei chiedono a Berna di intervenire contro la criminalità organizzata, in piena attività nel continente. "I nostri colleghi dei Paesi Bassi e del Belgio ci dicono di non aspettare", ha dichiarato la direttrice di Fedpol Nicoletta della Valle alla stampa domenicale. "Ritengono che loro stessi non abbiano lottato abbastanza presto e che la Svizzera debba agire ora", ha precisato Della Valle su Le Matin Dimanche.
Il Paese è attraente per tutti i tipi di criminalità organizzata, non solo come luogo in cui nascondersi, ma anche come centro per il traffico di droga, esseri umani e armi, nonché per i furti con scasso e gli attacchi ai bancomat, specifica ancora la direttrice di Fedpol. Che aggiunge come "la criminalità organizzata, sebbene ancora piuttosto discreta, si trova troppo a suo agio in Svizzera". Per invertire questa tendenza, Nicoletta della Valle ritiene che sia necessario migliorare la comunicazione, in particolare lo scambio di informazioni con i Cantoni. "Dobbiamo anche adottare misure preventive, espellendo i criminali o vietando loro l'ingresso in Svizzera", aggiunge.
Le attuali conoscenze sulla criminalità organizzata nel Paese potrebbero dimostrarsi solo la punta dell'iceberg. "Solo perché non abbiamo ancora identificato una cellula della 'Ndrangheta in una particolare regione, ad esempio, non significa che non ci sia", afferma il capo di Fedpol. Tutte le forze di polizia del Paese devono dare priorità alle indagini in base alle risorse disponibili", spiega. Non dobbiamo illuderci, "dobbiamo fare delle scelte".

Unia lancia campagna per aumenti salariali per compensare rincaro

image-12289631-unia-9bf31.w640.png
Unia in prima fila nella lotta per salari equi
Bienne, 24 Giugno 2023  -  In autunno prenderà il via una campagna a favore di aumenti generali dei salari che compensino le perdite dei salari reali subite negli scorsi anni e l'attuale rincaro. Lo ha deciso il sindacato Unia, i cui delegati si sono riuniti oggi in assemblea.
In una nota diffusa al termine dei lavori, il sindacato ricorda che mentre i salari ristagnano, il rincaro continua a crescere, i premi delle casse malati esplodono e il costo dell'energia e gli affitti aumentano.
Per i lavoratori e i pensionati con un reddito medio-basso "ciò significa che in termini reali rimane loro sempre meno per vivere. Sempre più persone si trovano in una situazione di bisogno". Unia invita quindi i datori di lavoro di mettere mano alla cassa e adattare al rialzo i salari minimi.
La presidente del sindacato Vania Alleva, citata nella nota, ha ammonito: "È ora di finirla! Le associazioni padronali devono compensare interamente il rincaro e acconsentire ad aumenti salariali degni di questo nome. Se non lo fanno rischiano di compromettere la pace sociale". Unia chiede inoltre l'introduzione di salari minimi migliori, pari ad almeno 4'500 franchi svizzeri o 5'000 franchi svizzeri per i dipendenti con qualifiche professionali. Questa misura sarebbe particolarmente vantaggiosa per le donne, molte delle quali lavorano in professioni in cui i salari "continuano a diminuire arbitrariamente".
Il sindacato sottolinea che dalle votazioni delle scorse settimane è emerso quanto siano necessari e anche possibili dei progressi in ambito salariale. Dopo i Cantoni di Neuchâtel, Giura, Ginevra, Ticino e Basilea Città, anche nelle città di Zurigo e di Winterthur è stata approvata, con una maggioranza fino al 70%, la legge in materia di salari minimi promossa dai sindacati. Si tratta di un segnale importante a favore di una maggiore equità retributiva.
Unia sostiene che - a dimostrarlo vi sono i numerosi resoconti entusiasti dell'imponente sciopero delle donne del 14 giugno - i suoi delegati sono molto motivati e pronti a scendere in piazza quest'autunno per lottare a favore di salari e rendite migliori. Il primo passo sarà la grande manifestazione che Unia e l'USS organizzano il prossimo 16 settembre a Berna.

Aumento degli affitti, "rischio di una crisi sociale" 

image-placeholder.png
Come Unia, anche Asi si preoccupa per l'aumento del costo della vita, sotto i suoi diversi aspetti.
Bienne, 24 Giugno 2023  - L'Associazione Svizzera Inquilini si è riunita in assemblea a Bienne quest'oggi. L'accento delle discussioni è stato posto sull'aumento delle pigioni, che a detta dell'Asi pesa sempre di più sulle finanze delle economie domestiche. Un altro tema affrontato è stato quello degli attacchi della lobby immobiliare al diritto di locazione. L'Asi si dice "molto inquieta" di fronte all'esplosione delle pigioni e delle spese accessorie, come della massiccia pressione sugli alloggi liberi in alcune regioni".
Per l'associazione il rischio è quello di una "crisi sociale". E in questo senso, stando al comunicato, non sono solo i redditi bassi ad essere toccati dall'aumento dei prezzi, ma anche il ceto medio. Il problema, secondo l'Asi, è aggravato dall'aumento del tasso ipotecario di riferimento: "Negli anni a venire, le pigioni potrebbero aumentare fino al 20%”, aggiunge Michael Töngi, vice-presidente dell’ASI. La soluzione proposta è un'iniziativa popolare federale che si prefigge di introdurre in futuro un controllo regolare delle pigioni. 
Oltre all'aumento delle pigioni, sono anche gli attacchi "della lobby immobiliare al diritto di locazione" a mettere gli inquilini sotto pressione. “Malgrado la situazione tesa, la lobby immobiliare continua ad attaccare in modo diretto il diritto di locazione. Si mira ad indebolire la protezione contro le disdette dei contratti di locazione e la possibilità di opporsi agli aumenti di pigione”, dichiara Carlo Sommaruga, presidente dell'Asi. L’ASI ha già annunciato l'intenzione di lanciare un referendum contro le iniziative parlamentari della "lobby immobiliare, se il Parlamento non vi pone un fine".
Le preoccupazioni sollevate dall'Asi sono state condivise da Tschirren, direttore dell'Ufficio Federale delle Abitazioni che ha pure lui evocato nel suo discorso la situazione tesa a cui gli inquilini devono attualmente far fronte. La penuria di abitazioni costituisce una delle sfide maggiori, sopratutto nelle grandi città e in alcune regioni di montagna.

"Canone a 200 franchi bastano", raccolte le firme

image-12288794-200_franchi_bastano-c51ce.w640.jpg
Lo afferma il consigliere nazionale dell'UDC Thomas Matter - Il testo chiede di ridurre il canone radiotelevisivo
Bienne, 23 Giugno 2023  - I promotori dell'iniziativa "200 franchi bastano (Iniziativa SSR)", che chiede di diminuire a 200 franchi il canone radiotelevisivo per le economie domestiche in Svizzera e di esentare le imprese, annunciano di aver raggiunto il loro obiettivo: oltre 100'000 firme valide sono state raccolte in poco più di un anno (la campagna era stata lanciata il 1° marzo 2022 e la raccolta era scattata da Berna il 31 maggio).
La notizia è stata data venerdì dal co-presidente del comitato, il consigliere nazionale dell'UDC zurighese Thomas Matter, al portale Pilatustoday. Il canone dal 2021 è fissato a 335 franchi annui, in precedenza era di 365. Il testo segue l'iniziativa "No Billag", che intendeva abolire il canone, e che nel marzo 2018 era stata respinta dal 71,6% dei cittadini.

Riuscito il referendum contro la riforma del secondo pilastro

image-12288296-SECONDO_PILASTRO-aab32.w640.jpg
Dal canto loro, i promotori del referendum deplorano il fatto che, dopo l'aumento dell'età pensionabile, le donne saranno nuovamente penalizzate.
Bienne, 23 Giugno 2023  - Il referendum contro la riforma del secondo pilastro, lanciato a fine marzo dalla sinistra e dai sindacati, è riuscito. Lo annunciano gli stessi promotori, i quali dopo due mesi avevano già raccolto 120'000 firme. Un "numero impressionante" di sottoscrizioni sarà consegnato martedì alla Cancelleria federale. Il numero esatto verrà annunciato la settimana prossima, ha indicato oggi il comitato referendario, che aveva tempo fino al 6 luglio per riunire le 50'000 firme necessarie. Nelle ultime settimane, la mobilitazione non è calata contro un progetto "pessimo su tutta la linea", hanno affermato gli oppositori alla riforma. Oltre ai sindacati, al PS e ai Verdi, il referendum è stato pure sostenuto dai periodici per la tutela dei consumatori "Bon à savoir" e "K-Tipp".
Calo delle rendite e compensazione
Adottata dal Parlamento durante la sessione primaverile delle Camere federali, la riforma della previdenza professionale (LPP21) comporta riduzioni delle rendite che possono arrivare fino a 3'240 franchi all'anno, secondo i promotori del referendum. La riforma prevede una diminuzione del tasso di conversione, dal 6,8% al 6%, che - secondo i sostenitori - è necessaria a causa dell'aumento dell'aspettativa di vita. Il capitale accumulato da un pensionato durante la sua attività professionale si tradurrà quindi in una pensione più esigua. La metà delle persone assicurate beneficerà di una compensazione delle rendite durante un periodo transitorio di 15 anni. La soglia di accesso al secondo pilastro sarà abbassata, il che permetterà a 100'000 persone di essere assicurate di nuovo o meglio, secondo i sostenitori della riforma.
Donne nuovamente penalizzate
Dal canto loro, i promotori del referendum deplorano il fatto che, dopo l'aumento dell'età pensionabile, le donne saranno nuovamente penalizzate. La maggioranza di esse subirà un calo delle rendite. Sinistra e sindacati ricordano che durante la campagna di votazione sul progetto AVS21 i partiti borghesi avevano promesso di affrontare il problema delle rendite troppo basse, in particolare quelle delle donne. I partner sociali e il Consiglio federale avevano sottoposto "un buon compromesso" al Parlamento, "ma le lobby dei fornitori di prestazioni, quali le assicurazioni e le banche, hanno imposto i loro interessi al Parlamento", denuncia il comitato referendario

Le donne in pensione ricevono oltre il 30% in meno all'anno degli uomini

image-12287729-Pensioni,_le_donne-c20ad.jpg
La differenza è maggiore tra le coppie sposate: le mogli ricevono in media solo la metà dei soldi della pensione rispetto ai mariti.
La differenza è maggiore tra le coppie sposate: le mogli ricevono in media solo la metà dei soldi della pensione rispetto ai mariti.
Bienne, 22 Giugno 2023  - Il divario di reddito tra donne e uomini in pensione è cambiato solo marginalmente negli ultimi dieci anni. Le donne pensionate hanno ancora a disposizione circa un terzo di denaro in meno rispetto agli uomini, secondo uno studio pubblicato oggi da Swiss Life. In termini concreti, il cosiddetto "Gender Pension Gap" è di circa 20'000 franchi all'anno. La differenza di genere nelle pensioni dei 65-75enni nel periodo considerato dal 2019 al 2021 è quindi quasi uguale a quella calcolata nel 2012.
Il divario è maggiore tra le coppie sposate: secondo lo studio, le mogli ricevono in media solo la metà dei soldi della pensione rispetto ai mariti. Ma poiché le coppie sposate di solito mettono in comune i loro soldi, questo fatto non ha un grande impatto sul tenore di vita. Dal punto di vista economico, il divario pensionistico tra i sessi è più rilevante per le persone sole (persone divorziate, vedove e celibi/nubili), si legge nel rapporto. A seconda della base di dati, queste donne hanno un reddito pensionistico inferiore del 10-20% rispetto agli uomini che rientrano nella stessa categoria. La differenza è maggiore per le persone vedove, seguite da quelle divorziate.
Perché queste differenze?
Le donne single, invece, ricevono una pensione simile a quella degli uomini single. Come spiegato dall'autore dello studio Andreas Christen in una conferenza stampa virtuale, le donne pensionate di età compresa tra i 64 e i 75 anni che non si sono mai sposate e che sono andate in pensione nel 2015 o nel 2019 sono addirittura leggermente più avvantaggiate dal punto di vista finanziario rispetto alle loro controparti maschili. Ciò indica che è soprattutto la distribuzione per genere dell'occupazione retribuita e del lavoro familiare a essere responsabile delle differenze nella previdenza per la vecchiaia, ha spiegato Christen.
Le donne in pensione al momento dell'indagine sono nate negli Anni Cinquanta e quindi in un periodo in cui le donne sole erano tradizionalmente senza figli. Si può quindi presumere che queste donne avessero una "biografia occupazionale tradizionalmente maschile", cioè senza responsabilità di cura o lavoro a tempo parziale. Il "Gender Pension Gap" è difatti dovuto principalmente alle diverse biografie lavorative specifiche dei due sessi. Questo include il reddito da lavoro, che è composto, tra le altre cose, dalla durata dell'impiego, dal carico di lavoro e dal salario. Ma anche le condizioni istituzionali influenzano la differenza di genere nelle pensioni.
Secondo lo studio, tuttavia, le biografie occupazionali di donne e uomini stanno lentamente convergendo: le donne che stavano per andare in pensione nel 2000 lavoravano ancora in media il 50% in meno degli uomini. Vent'anni dopo la differenza era solo del 30%. Secondo gli autori ciò indica che il divario pensionistico è destinato a ridursi in futuro.
Non ben messi rispetto agli altri paesi d'Europa
Con il suo "Gender Pension Gap" di un terzo, la Svizzera non regge il confronto con gli altri paesi. "In media, nell'UE, il divario pensionistico tra i sessi è del 25%", ha indicato Christen. Da un lato, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Svizzera è più bassa rispetto ad altri paesi: in media le donne elvetiche lavorano circa il 40% in meno degli uomini, mentre in paesi come la Danimarca o la Norvegia, dove il divario pensionistico è molto minore, lavorano solo il 20% in meno. Inoltre negli ultimi anni il «Gender Pension Gap» è diminuito in maniera più marcata in molti paesi europei, in particolare nei paesi vicini, Germania, Francia e Austria.

Chiude Stewi, la storica azienda di stendibiancheria

image-12287840-stendibiancheria-aab32.jpg
L'ex azienda familiare era stata venduta ai due nuovi proprietari Lorenz Fäh e Stephan Ebnöther nel 2017. La pressione sui prezzi proveniente da tutte le parti, accompagnata dalle conseguenze della pandemia, ha tuttavia "influenzato in modo significativo" la decisione di chiudere l'attività.
Bienne, 22 Giugno 2023 - Tutti gli svizzeri lo conoscono: lo stendibiancheria a ombrello di Stewi. Ma la tradizionale azienda di Winterthur e il suo prodotto cult presto non esisteranno più. Dopo 77 anni, a fine settembre Stewi cesserà infatti la produzione e alla fine dell'anno chiuderà. Gli sforzi per trasferire Stewi nella sua forma attuale in nuove mani sono purtroppo falliti, indica un comunicato diffuso oggi. Come noto dall'anno scorso, la sede centrale dell'impresa avrebbe dovuto comunque lasciare il posto a un nuovo edificio. Ora, "per motivi di salute e di età", i proprietari non si ritengono più in grado di spostare l'azienda in un nuovo sito.
Pressione sui prezzi
L'ex azienda familiare era stata venduta ai due nuovi proprietari Lorenz Fäh e Stephan Ebnöther nel 2017. I due specialisti di marketing avevano intenzione di riportare la ditta di lunga tradizione ai suoi vecchi splendori. La pressione sui prezzi proveniente da tutte le parti, accompagnata dalle conseguenze della pandemia, ha tuttavia "influenzato in modo significativo" la decisione di chiudere l'attività, viene spiegato nella nota.
Speranze per lo stendibiancheria a ombrello
C'è però ancora un barlume di speranza per il prodotto cult dell'impresa, lo "stendibiancheria a ombrello": Stewi è attualmente in trattative con potenziali acquirenti interessati a rilevare elementi dell'azienda e a mantenere in vita il noto nome. Secondo il comunicato, fino alla fine del 2023 Stewi continuerà a servire i propri clienti attraverso i soliti canali di vendita e direttamente presso la sede centrale di Winterthur. Una vendita finale degli arredi e delle scorte rimanenti è prevista in autunno, dopo la cessazione della produzione.

Il Consiglio federale adotta gli elementi chiave
di un mandato negoziale con l’Unione europea

image-12286778-Immagine-8f14e.png
Tra le priorità la partecipazione al mercato interno dell'Unione nei settori dell'elettricità e della sicurezza alimentare
Bienne, 21 Giugno 2023 - Nella sua seduta del 21 giugno 2023 il Consiglio federale ha adottato gli elementi chiave di un mandato negoziale con l’Unione europea (UE). I colloqui con l’UE continueranno su questa base, con l’obiettivo di risolvere i punti in sospeso. Qualora si compiano ulteriori progressi nei colloqui con l’UE e nel dibattito interno, il Consiglio federale si preparerà entro fine anno ad adottare un mandato negoziale. 
Gli elementi chiave adottati oggi dal Consiglio federale costituiscono le linee guida di eventuali futuri negoziati e fungono da base per un possibile mandato negoziale. Definiscono gli obiettivi generali di tale mandato, gli ambiti in cui dovrà essere articolato e i sotto-obiettivi per ogni ambito. Questi elementi chiave saranno al centro di potenziali negoziati e sono pertanto confidenziali.
Il Consiglio federale intende stabilizzare e ampliare le relazioni con l’UE. Punta a garantire un accesso senza ostacoli al mercato interno dell’UE in alcuni settori. Al fianco dei cinque settori già coperti da accordi di partecipazione al mercato interno (trasporti terrestri, trasporto aereo, ostacoli tecnici al commercio, agricoltura e libera circolazione delle persone), il Consiglio federale vuole aggiungerne altri due, precisamente sull’energia elettrica e sulla sicurezza alimentare.
Inoltre, allo scopo di sviluppare ulteriormente le relazioni con l’UE, il Consiglio federale mira a concludere un accordo di cooperazione nell’ambito della salute e a partecipare sistematicamente e in modo completo ai futuri programmi dell’UE (programmi Orizzonte Europa ed Erasmus). Mira anche a sbloccare al più presto la partecipazione della Svizzera al pacchetto Orizzonte Europa 2021-2027. Per la regolamentazione delle questioni istituzionali,
il Consiglio federale persegue un approccio settoriale verticale nelle relazioni con l’UE: il recepimento del diritto e la composizione delle controversie possono essere risolti in modo pragmatico in ogni accordo, nuovo o esistente, sul mercato interno. Nel quadro di questo approccio il Consiglio federale conduce discussioni con l’UE in merito a eccezioni e principi, con l’obiettivo di tutelare gli interessi sostanziali della Svizzera.
I numerosi colloqui svolti negli ultimi 12 mesi sul piano tecnico, diplomatico e politico dimostrano che un simile approccio nell’interesse del Paese è possibile e aumenta la certezza del diritto e la prevedibilità per privati e imprese, oltre a stabilizzare e ampliare le relazioni tra la Svizzera e l’UE. Al fine di accompagnare le eccezioni e i principi discussi con l’UE in politica estera, il Consiglio federale continuerà a discutere con le parti sociali e i Cantoni misure di politica interna volte a proteggere il livello attuale dei salari.
Nel campo degli aiuti di Stato, adotterà un approccio equilibrato e settoriale che prevede il recepimento delle disposizioni dell’UE limitatamente a determinati accordi sul mercato interno. Per quanto riguarda la direttiva relativa al diritto dei cittadini dell’Unione in relazione alla libera circolazione, il Consiglio federale intende minimizzare i rischi per il sistema di aiuto sociale svizzero. Infine, se il risultato complessivo sarà soddisfacente, il Consiglio federale è disposto a prendere in considerazione un contributo solidale regolare alla coesione e alla stabilità in Europa, allo scopo di affrontare le sfide comuni.
Prossime tappe
I colloqui con l’UE hanno permesso di compiere progressi concreti in vari ambiti. Ma alcune questioni sono tuttora irrisolte, come le modalità concrete di integrazione dei nuovi accordi nel pacchetto negoziale. Gli elementi chiave adottati oggi dal Consiglio federale fungono da base per affrontare i punti in sospeso. Il Consiglio federale ha pertanto incaricato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) – in collaborazione con il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) e il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) – di proseguire i colloqui con l’UE al fine di consolidare la base comune in vista di potenziali negoziati.
Ha inoltre incaricato il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) – in collaborazione con il DEFR e il DFAE – di avviare colloqui tecnici con l’UE per continuare i negoziati nel campo dell’energia elettrica. Il Dipartimento federale dell’interno (DFI) – con il DEFR e il DFAE – è incaricato di avviare colloqui tecnici con l’UE per proseguire i negoziati nel campo della sicurezza alimentare e della salute. Per quanto riguarda la protezione dei salari, il Consiglio federale ha incaricato il DEFR – con il DFGP e il DFAE – di approfondire sul piano tecnico, con le parti sociali e i Cantoni, le misure interne in grado di mantenere l’attuale livello di protezione dei salari in Svizzera.
In fatto di immigrazione, il Consiglio federale ha incaricato il DFGP – con il DFAE e il DEFR – di  chiarire i punti in sospeso. Il DFAE, il DEFR e il DFGP hanno inoltre ricevuto il mandato di cominciare a elaborare una base giuridica per un regolare contributo solidale della Svizzera all’UE e di sottoporne i principali elementi al Consiglio federale. Il Consiglio federale valuterà i risultati di questi lavori in autunno. In base alla sua valutazione deciderà se prepararsi entro la fine dell’anno ad adottare un mandato negoziale.

"È il momento giusto, è finito un ciclo"
Alain Berset lascia il Consiglio federale

image-12286550-Alain_Berset-45c48.jpg
Alla scadenza di questo mandato, l'attuale presidente della Confederazione saluterà il Consiglio federale
Bienne, 21 Giugno 2023 - Alain Berset ha annunciato oggi, mercoledì, le sue dimissioni dal Consiglio federale. Il responsabile del Dipartimento federale dell'interno (DFI) non si ripresenterà in dicembre. Lo ha detto lo stesso presidente della Confederazione in una conferenza stampa. «È il momento giusto per fare questo passo», ha dichiarato Berset. In carica dal 1° gennaio 2012, Berset, 51 anni, ha sempre diretto il DFI. Il socialista friburghese è stato presidente della Confederazione una prima volta nel 2018 e una seconda quest'anno. In precedenza ha trascorso otto anni sui banchi del Consiglio degli Stati, Camera che ha presieduto nel 2009.
"Ho sempre cercato di dare tutto"
Berset attualmente è il più giovane ma anche il più longevo membro del Consiglio federale. "Ho informato oggi i miei colleghi in governo della mia intenzione di lasciare alla fine dell'anno. Dopo tre legislature complete e 29 votazioni federali, ora ho voglia di fare altro", ha affermato Berset davanti ai media a Berna. "Sono particolarmente fiero di aver partecipato per molto tempo e attivamente al funzionamento della nostra democrazia", ha proseguito Berset. "Mi hanno detto che le 29 votazioni a cui ho preso parte sono un record", ha detto in tal proposito.
Per Berset, non avere mai cambiato dipartimento durante la permanenza in governo è stato positivo. "La continuità è estremamente importante se si vogliono cambiare le cose", ha messo in risalto. Riguardo al periodo più complicato vissuto, Berset non ha esitato a definire la pandemia "brutale", sia per lui sia per la sua famiglia. "Mai avrei immaginato di dover lavorare così tanto e di dover sopportare tali violenze. Il mio impegno è stato totale, bisogna rinunciare a molte cose, ma non ho rimpianti".
Gli scandali non hanno giocato nessun ruolo
Incalzato dai giornalisti, Berset ha smentito che gli scandali associati al suo nome abbiano avuto la minima influenza sulla sua scelta. "La mia decisione si basa sui tempi istituzionali, ormai è finito un ciclo", ha commentato, precisando che l'inchiesta sulla fuga di notizie in seno al Dipartimento dell'interno non rappresenta né un problema né motivo di pressione. Sollecitato sul fatto che di recente avesse manifestato l'intenzione di continuare l'avventura nell'esecutivo, Berset ha confutato seccamente tale tesi. "Non ho mai detto questa frase", ha dichiarato, criticando il modo in cui le sue parole sono state riportate dalla stampa. Il friburghese ha poi passato in rassegna tutto quanto fatto in questo lungo periodo in governo, soffermandosi su numerosi temi in ambito sanitario e culturale. Un pensiero è poi andato a famigliari e collaboratori: "Ho sempre potuto contare su molta vicinanza e su una squadra solida".
Futuro ancora tutto da scrivere
"Alla fine siamo un po' soli nel nostro lavoro e in queste decisioni", ha affermato Berset, specificando che nemmeno il suo partito, malgrado ci si trovi in un anno elettorale, ha esercitato alcuna pressione nei suoi confronti. Rimanere per oltre dodici anni vorrebbe dire considerarsi insostituibile, ha motivato una volta di più il friburghese. Cosa regalerà ora il futuro a Berset? Il diretto interessato non sembra averci pensato troppo per il momento. "Non ho un piano, vedremo l'anno prossimo", si è limitato a commentare. "Magari mi dedicherò allo yoga", ha detto con un sorriso dribblando le domande in merito.
Si apre il dibattito sulla sua successione
L'annuncio di Berset darà probabilmente nuovo impulso al dibattito sulla futura composizione del governo federale, a pochi mesi dalle elezioni nazionali di ottobre. Dopo il successo elettorale del 2019, i Verdi hanno più volte flirtato con una candidatura al Consiglio federale, ma dopo le dimissioni della consigliera federale del PS Simonetta Sommaruga, hanno rinunciato a candidarsi. Più recentemente, i Verdi hanno fallito nel 2019 con l'allora presidente del partito e consigliera nazionale bernese Regula Rytz, quando hanno nuovamente attaccato un seggio detenuto dai Liberi Democratici nell'ambito delle elezioni per il rinnovo generale.

Il ritorno di Figliuolo, il generale Orgoglio nazionale

image-12294338-Immagine-9bf31.w640.png
Dopo esser stato commissario contro il Covid-19, ora si dovrà occupare dell’emergenza alluvione, come commissario per la ricostruzione. Riscoprendo la sua antica passione per la logistica
Bienne, 27 Giugno 2023 - Riecco il generale Francesco Paolo Figliuolo: dopo esser stato commissario contro il Covid-19 (nome per intero: "Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19"), ora si dovrà occupare dell’emergenza alluvione, come commissario per la ricostruzione. La conferma è arrivata dal Consiglio dei ministri, martedì sera.
La storia di Figliuolo l’aveva raccontata per Domani Daniela Preziosi, in un articolo dell’11 marzo 2022. A partire dal grande mistero: "La ragione per cui un uomo che ha raggiunto le fatidiche quattro stelle, vetta assoluta, oltre l’Everest per chi fa il mestiere delle armi, si sia lanciato in questa nuova scommessa con la sorte". Ai tempi il riferimento era appunto alla lotta al Covid, e all’organizzazione del piano vaccinale in particolare. Ora lo stesso lo si potrebbe ripetere per i danni dell’alluvione.
Un italiano
Figliuolo non è solo coraggioso, come "confessa" di sé con ingenuità disarmante, l’uomo è temerario», scriveva Preziosi, e nel suo libro autobiografico, Un italiano, scritto con Beppe Severgnini per Rizzoli, "si concede gioiosamente alla memoria di sé bambino, ragazzino e giovane recluta". Come quando racconta della "strage di orecchioni" nell’ospedale militare dell’Accademia, gestito dalle suore, del sospensorio per genitali messo sulle orecchie da un suo collega; di "qualche giornalino sconcio (che) lo leggevamo tutti, dai"; di quella non propensione a innamorarsi subito e ripetutamente, non proprio da spiriti tufacei; di quando alle elementari, se non gratificato da un dieci da parte dei maestri, "me li mettevo da solo".
Insomma ci si compra l’autobiografia di un generale e, almeno nelle prime pagine, ci si trova in mano il libro delle barzellette di Francesco Totti. "Il libro descrive la sua discesa in campo dopo il secondo governo Conte e soprattutto dopo la gestione del suo predecessore Domenico Arcuri con espressioni come il mio è stato un approccio più dinamico”, scrive ancora Preziosi.
Passione logistica
Da commissario per la ricostruzione, Figliuolo potrà trovare una sua antica passione: quella per la logistica, che porta avanti "dai tempi in cui da alpino capiva che quando si va in montagna nello zaino bisogna portare quello che serve" e invece a volte scopriva "che uno nella gavetta aveva ancora la peperonata del campo precedente. E salendo su su per li rami, fino al comando alleato in Bosnia, dell’Afghanistan, del Kosovo, su fino a quello del Covid, tutti incarichi portati a termine con encomio e promozione".
"Perché, scrive, la logistica è romantica. Quando gli elementi vanno a posto e i meccanismi si incastrano esattamente, mi sembra di ascoltare la musica delle cose. La guerra è una storia maledettamente seria per fare battute sulla musica delle armi che sta maneggiando".
E così Figliuolo riuscirà anche nell’impresa della ricostruzione. Lui "gode dell’immunità da critiche e dunque ce la farà". "La vita rurale", che tanto apprezza, "può attendere" ancora. Ce la farà perché quando parlava dei successi della campagna vaccinale scrive che "sono soddisfazioni non personali, ma nazionali, dietro la mia uniforme c’è il prestigio dell’Italia. Ce la deve fare, dunque: per amor di patria".

Un libro prova a rispondere
Cosa non ha funzionato nel Reddito di cittadinanza? 

image-12291152-Reddito_di_cittadinanza-16790.w640.jpg
"Il lavoro che c'è" di Patrizia Baratto e Roberto Giuliano ammette che, senza questo sostegno economico, il periodo pandemico sarebbe stato ben più drammatico ma punta il dito sull'assenza di politiche attive e propone una soluzione ispirata al passato
Bienne, 25 Giugno 2023 - "I media tendono a trascurare il tema del lavoro, dei salari e del carovita. Benché il lavoro sia l'ansia quotidiana di chi lo ha, per non perderlo, e di chi lo cerca per poter avere una vita degna di essere vissuta". Il grande merito de 'Il lavoro che c'è e il reddito di cittadinanza', scritto da Patrizia Baratto e Roberto Giuliano, (Edizione Ponte Sisto), è quello di affrontare in modo innovativo questo argomento ponendosi domande e avanzando soluzioni possibili.
Il testo si concentra sul terreno macroeconomico ma non solo. Non perde mai di vista le persone. La prima parte propone un'analisi delle ragioni e delle motivazioni dei cittadini che si sono rivolti ai centri per il lavoro, valuta le loro aspettative, i loro dubbi e la loro storia lavorativa. Nella seconda parte del libro si affrontano gli strumenti ad oggi disponibili per supportare le politiche attive per il lavoro, ma anche una analisi sul loro funzionamento mettendone in risalto le criticità. Il nodo delle politiche attive Gli autori evidenziano il fallimento del Reddito di Cittadinanza nell'ottica del suo fine, ma con obiettività riconoscono che se non ci fosse stato il RdC la pandemia sarebbe stato un periodo ancora più drammatico per tante famiglie italiane.
Patrizia Baratto e Roberto Giuliano individuano la mancanza di politiche attive per il lavoro nella disarticolazione tra stato, imprese ed enti formativi. L'assunto dei due autori è che non si può percepire un reddito assistenziale senza svolgere una funzione formativa, un tirocinio o un lavoro socialmente utile. Qualsiasi forma di supporto al reddito deve essere correlata ad un'attività, sia essa formativa o sociale, inoltre si deve creare una sinergia tra il mondo delle imprese e gli enti formativi per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta, coinvolgendo tutte le istituzioni competenti. Sull'inflazione, gli autori rilanciano il modello della concertazione già usata dal governo Craxi nel 1984, con le dovute modifiche, considerati la situazione e il ciclo economico differenti. Dicono sì al salario minimo ma avvertono: da solo avrebbe la funzione di aumentare l'inflazione e dunque diminuire il potere d'acquisto dei salari che rimane la priorità per un governo riformista.
image-10576919-download-45c48.jpg?1595533029467
Nessuno si chiede perché siamo stati costretti a partire?

Italiani nel Mondo-Regioni-Associazioni

Trionfa il centrodestra in Molise

image-12293243-roberti-45c48.w640.jpg
Francesco Roberti (foto) è al 62,2%. Il candidato di centrosinistra e M5s Roberto Gravina è al 36,3%. Le congratulazioni di Meloni: "Avanti così"
Bienne, 26 Giugno 2023 - "Non sarò il Presidente ma il sindaco di questa regione e il mio lavoro sarà volto ad affrontare e problemi che il Molise e i molisani hanno". Sono le parole di Francesco Roberti, sindaco di Termoli e neo eletto alla presidenza della ventesima regione italiana. " Il Molise può cambiare - ha aggiunto - se siamo noi i primi a cambiare. I molisani ci hanno dato fiducia e non la dobbiamo tradire. Sono ansioso di occuparmi delle priorità e non sono preoccupato, per cui si parte senza perdere tempo e con la voglia di far si' che il Molise esista come è esistito oggi. Dedico ai molisani il mio impegno, chi mi conosce sa che non mi risparmio, ma voglio dire a tutti dimostrate che avete a cuore la regione come Silvio Berlusconi aveva a cuore questo posto".
E così il centrodestra ha vinto le elezioni con il candidato Roberti che ha riportato il 62,2% contro il 36,3% di preferenze raccolte dal candidato di centrosinistra e M5s Roberto Gravina. Anche il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani parla apertamente di una vittoria in Molise. "Dedichiamo la vittoria in Molise e lo straordinario risultato di Forza Italia al presidente Berlusconi. Un successo che conferma la fiducia nei confronti del governo. Augurando buon lavoro a Francesco, ringrazio Donato Toma per il lavoro svolto. Forza Italia, Forza di buongoverno".
Le congratulazioni di Meloni
"Congratulazioni a Francesco Roberti per la vittoria alle elezioni regionali in Molise" dice Giorgia Meloni che, sempre su Facebook, saluta "un altro grande successo, ottenuto grazie al lavoro del centrodestra unito, che conferma la solidità della coalizione di governo". "Un risultato - riprende il presidente de Consiglio - che ci spinge a continuare verso questa direzione, mantenendo fede alla promessa fatta agli italiani e alla fiducia che i cittadini hanno riposto in noi. Avanti cosi'".

 Il gruppo di Centro-Destra
“Se il Cgie ha deciso di fare a meno di noi, noi faremo a meno del Cgie”

image-12289553-Tajani_alla_plenaria_del_Cgie-d3d94.jpg
Antonio Tajani è intervenuto all’assemblea plenaria del Consiglio generale degli Italiani all’Estero, che si è chiuso venerdì alla Farnesina.
Bienne, 23 Giugno 2023 - “Al termine della prima Assemblea del CGIE i 18 consiglieri del Centro-Destra prendono atto che il PD, con la connivenza del MAIE, ha usato la forza dei numeri per l’occupazione totale dell’organismo. Quello che dovrebbe essere il parlamentino degli italiani nel mondo è stato usato come strumento di vendetta politica contro il governo Meloni con la precisa volontà non solo di neutralizzare, ma persino di tentare di umiliare i Consiglieri che lo sostengono”. È quanto si legge in una nota alla stampa diramata dal gruppo del Centro-Destra al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che conclude oggi i lavori della prima Assemblea Plenaria della nuova consiliatura.
“Per la prima volta da quando il CGIE esiste non è stato permesso loro di esprimere alcuna delle cariche nel Comitato di presidenza né nelle commissioni tematiche”, affermano i consiglieri di Centro-Destra, constatando “con amarezza di essere considerati sgraditi ospiti all’interno dell’organismo e soprattutto di essere di fatto impediti di controllare quanto deliberato negli organi decisionali”.
“A misfatto perpetrato”, si legge ancora nella nota, “PD e MAIE hanno reagito alle rimostranze e alle critiche con la fake news che saremmo stati noi a rifiutare il patteggiamento di un’equa ripartizione. Una volta sbugiardato, qualcuno è persino arrivato a lasciare intendere che comunque il centro-destra non sarebbe in grado di reagire in quanto sotto il ricatto di un possibile voto contrario in Commissione Bilancio del Senato da parte di un senatore “ago della bilancia””.
“A questo punto, constatato che il CGIE ha scelto di fare a meno del centro-destra”, i consiglieri annunciano che si adopereranno “affinché il governo di centro-destra realizzi autonomamente le riforme (del voto all’estero, dei criteri per la cittadinanza e degli organismi rappresentativi) riservando al CGIE la facoltà formale di esprimere il proprio parere come prescritto dalla legge”.

Isola Bella, uno dei simboli della Sicilia riapre al pubblico

image-12287753-Sicilia_riapre_al_pubblico-6512b.jpg
Bienne, 22 Giugno 2023 - Riapre al pubblico da domani Isola Bella, il sito di interesse storico, culturale e naturalistico gestito dal Parco archeologico Naxos Taormina, al termine dei periodici lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. Negli ultimi tre anni il Parco, diretto da Gabriella Tigano, ha realizzato vari interventi di manutenzione, inclusi lavori di somma urgenza seguiti alla violenta mareggiata di febbraio scorso, per oltre mezzo milione di euro (546 mila euro).
Bioarchitettura ante litteram Circondata dal mare e collegata alla terraferma da un sottile istmo di terra soggetto ai cicli fisiologici di bassa e alta marea, Isola Bella è un sito delicatissimo che ogni anno necessita di complessi lavori di manutenzione programmati durante la bassa stagione dal Parco Naxos Taormina. Lavori che interessano prevalentemente la storica Villa Bosurgi, esempio di bioarchitettura ante-litteram per la conformazione a padiglioni mimetizzati fra le naturali rientranze delle rocce e il lussureggiante parco botanico. Quello appena concluso, che ha interessato principalmente la storica darsena - in cui approdavano le barche degli ospiti o le scorte di cibo per i lunghi soggiorni della famiglia Bosurgi - è il terzo intervento straordinario a cura del Parco, che ha ristrutturato, fra le altre cose, i due piani del corpo principale e le spettacolari terrazze protese sul mare, la piscina coperta, la piscina all'aperto (in cui è stata installata una rete di protezione) e i sentieri immersi nel verde.
Gli interventi hanno consentito, grazie all'ausilio di rocciatori esperti di edilizia acrobatica, di mettere in sicurezza anche il costone di roccia prospiciente la piscina all'aperto e di ancorare un pino marittimo inclinato, che rischiava di abbattersi sui sentieri mettendo a rischio l'incolumità dei visitatori. "Isola Bella - commenta Francesco Scarpinato, assessore ai Beni culturali e all'identità siciliana - è uno dei simboli più iconici della Sicilia, amatissima dai visitatori che ogni anno la popolano soprattutto in estate. Fondamentali gli interventi di manutenzione, complessi per logistica e impegnativi sotto il profilo economico, pianificati dalla direttrice Tigano durante il periodo invernale e che oggi consentono a residenti e visitatori un'eccezionale esperienza di visita dell'isolotto e della sua originale villa, un unicum nel patrimonio della Regione siciliana, che include anche preziosi reperti subacquei".
I danni delle mareggiate In seguito alle violenti piogge e mareggiate che hanno flagellato lo scorso febbraio la costa ionica e alterato il litorale di diversi comuni, è stato necessario un intervento imprevisto e di somma urgenza per ripristinare i sottoservizi che collegano l'isolotto alla terraferma, spostati dalla loro sede abituale dall'urto di ondate e marosi. Adesso, conclusi i lavori, Isola Bella, con il suo labirinto di sentieri nel verde, le porte segrete incardinate nella roccia, il piccolo museo con la sezione dei reperti di archeologia subacquea e la mostra sulla storia dell'isola, torna pienamente fruibile tutti i giorni, dalle 9 alle 19. Il costo del biglietto è invariato: intero 4 euro, ridotto 2 euro.

Un Cgie che sia più vicino alla nostra gente

image-11999441-Giuseppe-Ticchio-256x300-45c48.jpg
Giuseppe Ticchio,eletto nel Comites di Zurigo e Presidente della Federazione lucana in Svizzera
Bienne, 22 Giugno 2023 - Dal 19 al 23 giugno 2023 si terrà presso la sala conferenza internazionale della Farnesina l'Assemblea d'Insediamento del nuovo Cgie - Consiglio generale degli italiani all'estero. Il ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio dei ministri e della Cooperazione internazionale, on. Antonio Tajani interverrà all'Assemblea Plenaria del Cgie solo alla chiusura dei lavori. Io l'avrei anche aperta, non per altro se non per un' sempio di vivo interesse e rispetto nei confronti di tutti gli italiani nel mondo. Purtroppo cosi non é. L'assemblea sarà invece aperta dal sottosegretario on. Giorgio Silli.
Il Consiglio generale degli italiani all'estero per la legge e sulla carta é l'organo consultivo del Ministero, del Governo e del Parlamento, soltanto che questo impegno rimane solo nella legge e sulla carta. Se, prendiamo ad esempio questi ultimi 18 mesi, non solo ha volutamente tenuto in naftalina la l'indizione della costituzione del nuovo Cgie, ma anche e nonostante i grandi temi che prepotentemente sono venuti al pettine, la Farnesina non ne ha risolto uno. L'unica cosa che si é premunito di fare é tagliare i fondi al mondo dell'emigrazione.
Il Ministro Antonio Tajano quando va all'estero e ci incontra é solerte dire che "come Italiani all'estero siamo una risorsa". Ci credo bene, perché quando hanno bisogno di fare cassa, dove tagliano, sui capitoli degli italiani all'estero oppure aggiungono balzelli, che sempre come italiani all'estero siamo tenuti a pagare indipendendemente dal dettame della Costituzione italiana e delle leggi a nostro favore. É vero siamo una risorsa perché siamo il bancomat dei Governi italiano e dei Ministeri che negli ultimi 30 anni si sono alternati. Pertanto, sempre in questi 30 anni e oltre di Comites e Cgie e l'aggiunta poi del voto all'estero, tutti eravamo convinti che le cose sarebbero migliorate.
Credo che é sotto gli occhi di tutti, non soltanto i miei, che abbiamo perso anche le conquiste fatte prima dell'avvento di questi pseudi citati organismi: Comites, Cgie, parlamentari, anche se piu` che qualcuno ha dato segnali di adoperarsi, ma senza risultati, perché uno o due alberi non fanno primavera, se il ministero da chiunque sia stato diretto ha sempre remato contro i risultati non possono essere altrimenti. Secondo la legge il Cgie, tra le molteplici funzioni si propone di promuovere e agevolare lo sviluppo delle condizioni di vita delle Comunità italiane all'estero e rafforzare il collegamento con la madre Patria. Oltre che a promuovere ed assicurare la piu` efficace tutela e dei diritti degli italiani all'estero, per esempio l'idendità culturale e linguistica delle nuove generazioni di italiani all'estero. La parola piu` accreditata in questo mio pensiero non puo' essere che "BALLE"
Per non farla troppo lunga, vediamo i servizi consolari che sono ridotti all'osso e non si vuole trovare la soluzione al problema nonostante la semplicità del caso. Personalmente farei un monumento agli impiegati attuali, che si adoperano al servizio della collettività, nonostante le difficoltà. L'altro esempio dell'idendità culturale e linguistica, non so se il Ministero se ne rende conto che, con la politica dei tagli ai corsi di Lingua e Cultura italiana nel mondo, molti stanno chiudendo, per colpa proprio di questi tagli verticali. Ve ne rendete conto si o no. Spero, la speranza é sempre l'ultima a morire, spero - dicevo - che con il nuovo insediamento del Cgie con un lavoro sinergico e di vicinanza con i Comites, si possa essere piu`  logisticamente vicino alla nostra Comunità, perché le scivolate di questi ultimi tempi da parte del Ministero si contano a iosa.
Le proposte dei Parlamentari, almeno di quelli che le fanno, come Ministero sosteneteli, perché sono proposte che vengono dal cuore della Comunità. Non continuate a fare orecchie da mercanti. A tutti i componenti eletti nel Cgie dico/diciamo non coltivate il vostro orticello politico, ma coltivate l'orticello di milioni di Italiani all'estero. Che in questi ultimi tempi ci sentiamo orfani di tutto.
Giuseppe Ticchio

Michele Schiavone riconfermato segretario generale del Cgie

image-12284510-Michele_Schiavone-c9f0f.jpg
Bienne, 19 Giugno 2023 - Nella prima giornata di lavori del nuovo CGIE sono stati candidati alla carica di Segretario Generale il segretario uscente Michele Schiavone (Svizzera) e Luigi Billé (Regno Unito) che hanno avuto alcuni minuti per presentare la propria candidatura. Nel suo intervento Billé ha invocato riforme importanti richieste giornalmente dai connazionali a partire dai servizi consolari efficienti.
“Il Cgie è a un bivio: abbiamo prodotto anche qualcosa di accettabile, ma di concreto c’è stato ben poco, e non è un discorso di appartenenza politica. Siamo tutti qui per dare una mano alle nostre collettività”, ha dichiarato Billé auspicando un aumento di fondi per gli organismi di rappresentanza e anche l’istituzione del cosiddetto Ministero per gli italiani nel mondo. “I tempi sono maturi, con una circoscrizione estera con 6 milioni di cittadini che è la seconda regione d’Italia”, ha spiegato Billé riferendosi sempre alla proposta di un Ministero ad hoc per i connazionali all’estero. Schiavone ha parlato di una ripresa di un lavoro interrotto con la quarta Conferenza plenaria Stato-Regioni-Provincie autonome-Cgie del dicembre 2021.
“È da lì che dobbiamo ripartire: la volontà deve essere data dal complesso della partecipazione che fa dell’esecutivo del Cgie il punto fondante”, ha spiegato Schiavone ricordando l’importanza avuta dal lavoro dell’esecutivo durante la pandemia e dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero, Luigi Vignali, ha quindi brevemente spiegato le modalità di voto e dato il via alle elezioni. Hanno votato 59 consiglieri con una maggioranza assoluta fissata a 30, per via di 4 consiglieri assenti. E’ stato eletto Michele Schiavone con 35 preferenze: a Billé sono andati 13 voti.
Sono state in prima battuta dichiarate nulle 10 schede perché riportavano il nominativo sulla facciata sbagliata (se fossero state convalidate nove sarebbero andate a Schiavone e una a Billé); una sola scheda è risultata bianca. Su richiesta del consigliere Mariano Gazzola le schede rese nulle, su votazione, sono state riconosciute comunque valide in seconda battuta: per cui a Schiavone sono andati 44 voti, 14 a Billé. Dopo le votazioni il nuovo Segretario Generale ha parlato di  programmazione e obiettivi precisi.
“Il CGIE nella sua funzione ha questi compiti e tutti insieme dobbiamo impegnarci affinché le nostre comunità possano tornare allo splendore, oggi che hanno raggiunto numeri altissimi con 6 milioni e mezzo di connazionali che rappresentano la ventunesima regione”, ha dichiarato Schiavone auspicando politiche propositive dopo la fase di blocco dettata anzitutto da pandemia e guerra. Per l’elezione dei quattro vice segretari si è preferito il rinvio al secondo giorno di lavori.

L'obesità non dipende solo dal cibo, ma anche dalle confezioni

image-12287417-Lobesità-e4da3.jpg
I medici puntano ora il dito anche su "interferenti endocrini" e i cosiddetti “distruttori obesogeni”
Bienne 22 Giugno 2023 - Per contrastare l’epidemia di obesità in atto non dobbiamo fare solo attenzione agli alimenti che mettiamo nel piatto o alle bibite che versiamo nel bicchiere. Ma anche alle confezioni all’interno delle quali il cibo viene venduto. Le bustine che avvolgono le merendine, le bottiglie che contengono l’acqua, le vaschette e le pellicole in cui viene messa la carne: sono solo alcuni esempi di prodotti di uso comune, con cui entriamo a contatto ogni giorno, tra i responsabili della nostra esposizione ai “distruttori obesogeni”.
Si tratta dei cosiddetti interferenti endocrini, sostanze capaci di influenzare la normale attività del sistema endocrino, l’apparato che produce gli ormoni, e che si trovano praticamente ovunque intorno a noi. Non solo nel cibo e nell’acqua che beviamo, ma anche nell’aria che respiriamo, nei vestiti che indossiamo, nei detergenti con cui ci laviamo e così via. A puntare i riflettori sul ruolo dei “distruttori obesogeni” sono stati gli specialisti dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS).
“I distruttori obesogeni hanno la capacità di interagire con i meccanismi che portano all’obesità a più livelli”, spiega Vincenzo De Geronimo, Coordinatore Commissione Farmaci AME. “Sono capaci di interferire con i centri regolatori della fame-sazietà, con il metabolismo degli zuccheri, con la biologia delle cellule adipose e di quelle muscolari, con il microbioma intestinale. E lo fanno – continua – entrando in competizione o in contrasto con gli estrogeni e gli androgeni e attivando recettori e vie enzimatiche legate alla crescita e proliferazione delle cellule del grasso. Effetti sono stati riscontrati anche sulle cellule del cervello”.
Negli anni le agenzie regolatorie hanno normato la progressiva riduzione dell’esposizione ambientale a molte di queste sostanze, quando non addirittura lo stop definitivo al loro utilizzo. Queste azioni sono state adottate all’interno delle democrazie occidentali e molto meno nei paesi con equilibri politici ed economici più fragili. “Ciò ha ridotto indubbiamente il nostro cosiddetto ‘inquinamento di prossimità’ – evidenzia De Geronimo – ma non ci protegge da forme di bioaccumulo e danno biologico conseguenti all’inquinamento ed alla contaminazione di cibi e oggetti di uso comune che si realizzano lontano da noi e che, successivamente, importiamo”.
La lista dei prodotti responsabili dell’esposizione dannosa agli interferenti endocrini si allunga man mano che la ricerca individua queste sostanze e ne dimostra il legame con i meccanismi responsabili dell’insorgenza di alcune patologie. Allo stesso tempo studi epidemiologici continuano a rivelare associazioni sempre più forti tra patologie e distruttori endocrini, rilevabili anche attraverso le urine. “L’attuale epidemia d’obesità non può essere spiegata più solo con lo sbilanciamento tra alimenti introdotti ed energia consumata o con il timing dei pasti – evidenzia l’esperto – ma è evidente che c’è qualcosa di più, che è legato all’inquinamento ambientale”.
Numerosi studi mostrano inoltre che i distruttori obesogeni possono avere effetti biologici sulle generazioni successive: ci sono evidenze le quali dimostrano che le conseguenze dell’esposizione possono essere ereditate dai genitori. “È dunque fondamentale, per noi stessi e per le generazioni future mettere in atto una serie di comportamenti utili alla mitigazione del rischio”, suggerisce De Geronimo. “Per ridurre l’esposizione agli inquinanti obesogeni si può ad esempio iniziare dal limitare il consumo di alimenti confezionati e dolcificati, preferendo quindi il consumo di cibi freschi e poco lavorati”, conclude. 
image-11334893-il-mondo-nelle-nostre-mani-e4da3.w640.png

Il Mondo nelle nostre mani

Il disagio giovanile oltre la condanna dei comportamenti

di Elvira Frojo

image-12294353-Il_disagio_giovanile-16790.w640.jpg
Bienne, 27 Giugno 2023 - Il profondo disagio giovanile del tempo presente impone riflessioni che vadano oltre il giudizio e la condanna dei comportamenti, indubbiamente gravi e deprecabili, di una triste cronaca italiana. Quale futuro per giovani divisi tra un mondo percepito come sfida estrema per illusori godimenti o, al contrario, come assoluta chiusura a difesa da incontrollabili angosce? Cercare una direzione possibile in un mondo surreale. Quali orizzonti per una società disorientata, posseduta da rabbia e violenza?
Dal demenziale challenge che ha causato la morte del piccolo Manuel, al crudele “gioco” di uccidere a botte un clochard ghanese, al bullismo quotidiano nei confronti di coetanei e alla violenza verso gli insegnanti. Nell’anno scolastico appena concluso, cinque aggressioni ai docenti ogni mese, secondo le statistiche Miur. Il profondo disagio giovanile del tempo presente impone riflessioni che vadano oltre il giudizio e la condanna dei comportamenti, indubbiamente gravi e deprecabili, di una triste cronaca italiana.
Quale futuro per giovani divisi tra un mondo percepito come sfida estrema per illusori godimenti o, al contrario, come assoluta chiusura a difesa da incontrollabili angosce? Immersi in un’identità virtuale che si nutre di immagini e di istantaneità, secondo recenti indagini, un quinto dei giovani non è più in grado di comprendere il senso di testi scritti. Ma è tutta colpa dei social? Amplificatori di una solitudine fatta di consensi fittizi.
Gli esperti si interrogano sui benefici ma anche sui danni che le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale potrebbero determinare nelle relazioni. E la regolamentazione europea sta ponendo le basi per una realtà dalla quale certamente non si può arretrare. Mentre una società in crisi sembra incapace di definire riferimenti e “regole” per un’umanità che già vive secondo parametri più vicini ad algoritmi che a valori, certezze, desideri, passioni.
Drammatica, in Italia, è la dispersione scolastica. Attestata, secondo i dati Istat, all’11,5% (maggiore tra i ragazzi, con il 13,6%, rispetto al 9,1% delle ragazze). E la percentuale di Neet (giovani che non lavorano e non studiano) tra i 15 e i 29 anni raggiunge il 19%, rispetto ad una media europea del 13%. Obiettivo dell’Ue, entro il 2030, è la riduzione dell’abbandono scolastico al 9%. E’ emergenza, secondo alcune ricerche, l’aumento di ansia e depressione sin dalla fascia adolescenziale. L’abuso di farmaci e di stupefacenti è l’inevitabile realtà.
Eppure, partono proprio dai giovani alcuni segnali di riscatto anche nel web. Una ragazza di 22 anni è riuscita a far smascherare dalla polizia postale gli autori della diffusione di foto private che la ritraevano, a 14 anni, violando intimità e dignità. Non solo del corpo. Immagini inserite in chat di adolescenti per un “catalogo” di figurine da scambiare e commentare. Ha avuto il sostegno della madre per uscire dalla vergogna e dalla violenza, testimoniando che il coraggio si alimenta di amore. Una forza che vale più di ogni legge, per rompere pregiudizi e paure.
Ed è stata un’undicenne, seguita da altre adolescenti, a indignarsi per una foto pubblicata dalla influencer Chiara Ferragni sottolineando la comunicazione distorta, attraverso i social, dell’immagine femminile. Nella realtà, i giovani sono anche quelli che hanno vissuto nell’isolamento il lungo periodo della pandemia dimostrando pazienza e determinazione, e offrendo supporto agli anziani. E sono “gli angeli del fango” che, senza tentennamenti e timori, hanno affrontato con generosa solidarietà l’emergenza dell’alluvione romagnola.
E sono i giovani che, all’esame di maturità, quest’anno hanno in gran parte scelto di riflettere sul testo di Marco Belpoliti “Elogio dell’attesa nell’era di wathsapp” (43% degli studenti). In un tempo in cui tutto è istantaneo, l’attesa è spazio per condividere, credere, sperare e sognare. E’ promessa. E’ misura di desideri e sentimenti. E’ sofferenza che diventa forza per realizzare obiettivi e sostenere ideali.
“Chi è saggio non segue il volgo”, ha ricordato il testo di Seneca dell’opera “Lettere morali a Lucilio” scelto per la prova di latino. Contro ostentazione e potere, la vita autentica del sapiens si contrappone a quella del vulgus, al populus che non ha più anima. Per Seneca, egli stesso vissuto tra incoerenze e contraddizioni, i valori sono dentro, non fuori ciascuno di noi. “Essere”, non “apparire”, è, dunque, la domanda segreta dei giovani? E’ la domanda che ha bisogno di risposte attraverso gli esempi e gli insegnamenti degli adulti. In un mondo smarrito, la centralità dei sentimenti delle donne è forse, ancora, una nuova sfida, rimedio per uscire dal buio e guardare al futuro?
La sensibilità femminile accoglie la fragilità con la capacità di trasformare la paura in coraggio. Capaci di riannodare, le donne insegnano una comprensione che va oltre la ragione e parla al cuore. Attraverso un’azione empatica e gentile, capillare e sottile, ma energica, tessono un galateo dei sentimenti che potrebbe sembrare superato ma è eterno. E’ un percorso non solo per donne. Comunicare con il cuore. E’ stato l’appello di Papa Francesco per la Giornata mondiale della comunicazione. Un linguaggio intimo, spesso difficile prima con se stessi, che non accetta mediazione e cerca contatti autentici. Una connessione che trova nella fragilità le parole giuste per comprendere errori, contraddizioni. Dirada ombre e allontana solitudini.
E’ tempo di far sentire ai giovani il calore dei sentimenti e delle passioni. Nella famiglia, come nella scuola e in ogni comunità, immaginare una palestra di formazione, per la mente e il cuore, per una nuova cultura umana. Uscendo, con umiltà e con il cuore aperto, dalla rapacità individualistica e dando spazio alla consapevolezza della condivisione. Sperimentando anche il valore del vuoto e della mancanza. Un vuoto che, forse, oggi, comprendiamo solo quando, nella morte, scorgiamo il volto più vero della vita. La fragilità che va contro maschere imposte è il nuovo valore. Da affermare con la forza del cuore. Dopo gli esami di Maturità, forse, questo è il vero compito delle vacanze. Per giovani e adulti.

La lunga storia della protesi del pene
Cinque secoli di tentativi e il successo 50 anni fa

image-12288518-pene-d3d94.jpg
Dai primi risultati funzionali nel 1973 la ricerca ha fatto passi da gigante e oggi punta a realizzare modelli touchless
Bienne, 23 Giugno 2023 - Dalle protesi di legno create nel XVI secolo in Francia da Ambroise Paré, all'inserimento di ossa degli anni '30, alle stecche acriliche degli anni '50, fino all'inserimento di impianti di polietilene negli anni '60, bisognerà attendere fino al luglio del 1973 quando la prima protesi peniena idraulica impiantata veniva descritta sulla rivista Urology da Scott, Bradley e Timm.
L'intervento, eseguito con successo senza problemi di rigetto né di infezioni dagli autori presso la Divisione di Urologia del Baylor College of Medicine Texas Medical Center di Houston, venne realizzato con due pompe anziché una, collocate nella zona scrotale e l'inserimento submuscolare nell'addome di un serbatoio piatto, che diventerà cilindrico successivamente con un cambio di forma dettato soprattutto per facilitare il lavoro del chirurgo.
"Dal primo impianto, le protesi sono evolute con l'avvento di nuove tecnologie, materiali e con il perfezionamento della tecnica chirurgica sono diventate una procedura sicura, mininvasiva ed efficace. Il posizionamento protesico richiede circa un'ora ed è completamente nascosto perché non ci sono componenti esterne", spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore di Urologia all'Università Federico II di Napoli.
Quanto tempo ci vuole per essere operativi
"La convalescenza è molto breve e i tempi di recupero complessivamente rapidi: nel giro di un mese e mezzo circa si può riprendere ad avere una vita sessuale attiva con una erezione ripristinata al 100%. Il principale rischio è quello di infezione della protesi, che ne richiede l'immediata rimozione. Tale complicanza è tuttavia molto bassa e avviene in un caso ogni mille impianti".
I due tipi di protesi
La protesi del pene è un dispositivo meccanico che ripristina il meccanismo interno dell'erezione senza alterare la sensibilità esterna del pene nell'emissione del liquido seminale. Esistono attualmente due classi di protesi: gonfiabile e non gonfiabile. La prima detta anche semirigida è un dispositivo formato da due cilindri di silicone rigido che vengono inseriti nei cilindri naturali del pene, chiamati corpi cavernosi. Il dispositivo conferisce una rigidità tale da consentire la penetrazione in ogni momento, per cui il pene è sempre "pronto all'uso" ma ha una anima malleabile alla base, che permette all'organo di essere riposto nel cavo dell'inguine.
La protesi gonfiabile, detta anche idraulica, può mimare uno stato di flaccidità o di erezione a seconda che sia gonfia o no. È costituita da un circuito chiuso molto sofisticato, fatto da due cilindri di silicone che vanno a occupare l'interno dei corpi cavernosi che si riempiono di acqua proveniente da un serbatoio, posizionato vicino alla vescica all'interno dell'addome. Il liquido dal serbatoio passa ai cilindri della protesi attraverso quella che in gergo viene definita una "pompetta".
Si tratta di un attivatore inserito all'interno dello scroto il cui schiacciamento fa passare l'acqua dal serbatoio ai due cilindri, che si riempiono di fluido anziché di sangue e vanno in erezione. Una volta che il rapporto viene completato, lo stesso attivatore viene utilizzato per sgonfiare l'impianto, permettendo all'acqua di compiere il passaggio inverso dai cilindri al serbatoio. La protesi così si svuota e il pene ritorna flaccido.
Il prototipo 'touchless'
Dalla prima protesi nel 1973 la ricerca in campo chirurgico e nella produzione di device ha fatto passi da gigante e oggi punta a realizzare protesi touchless, capaci di funzionare senza "pompetta", di utilizzo più agevole e minori rischi di rotture delle componenti idrauliche. "Oggi è in sperimentazione presso l'ospedale universitario Eleuterio Gonzalez della Universidad Autonoma di Monterrey in Messico, un prototipo penieno che ha il vantaggio di essere attivato senza la necessità di pompare manualmente sullo scroto, come avviene tipicamente negli impianti idraulici convenzionali", dichiara Simone Cilio, andrologo del Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive e Odontostomatologia, Unità di Urologia dell'Università "Federico II" di Napoli.
"In questo caso, è un neurotrasmettitore modulare che percepisce lo stimolo eccitativo dal sistema nervoso centrale per innescare l'erezione. Per il futuro - aggiunge l'andrologo - si sta studiando anche un altro meccanismo che permette di innescare la funzione di erezione per induzione termica, grazie alla attivazione di un elettromagnete. L'impianto protesico, da pochi anni introdotto anche in Italia e oggi in sperimentazione presso la Urological Institute and Department of Urology della "Johns Hopkins" University School of Medicine di Baltimora, è stato descritto nello studio pubblicato su The Journal of Sexual Medicine.
Il prototipo di protesi è costituito da un cilindro impiantabile che usa tubi in lega di nichel-titanio al posto di silicone rigido. Questa tipologia di protesi non gonfiabile elimina la necessità di serbatoi e pompe, rendendo il dispositivo più facile da utilizzare", conclude Cilio.
image-11936285-libri-c20ad.w640.png

​​​​​​​Libri da leggere almeno una volta nella vita

Federippi racconta le donne coraggiose
Le 'Femminucce' che hanno fatto la storia

Editore Rizzoli

Bienne, 22 Giugno 2023 - 'Femminucce' è un saggio sulle donne ma anche un racconto personale. L'autrice parla di sé, del mondo che vorrebbe: una società senza norme di genere, dove - auspica - alle 'femminucce' non venga insegnato a essere carine e accondiscendenti, una società in cui le bimbe non debbano giocare con 'cucinetta e bambolotti' per diventare mamme e casalinghe perfette; vorrebbe un mondo in cui alle ragazze non venga consigliato di scegliere un marito ricco per sistemarsi a vita.
In apertura la frase della poetessa statunitense Audre Lorde: "Ha così tante radici l'albero della rabbia che a volte i rami si spezzano prima di dare i frutti". Federica Fabrizio dedica 'Femminucce' "a chi lotta e a chi si sta riposando". Il libro racconta di donne che hanno lasciato tracce profonde.L'obiettivo di 'Femminucce' - spiega l'autrice nelle pagine finali - è "mettere in comunicazione diverse generazioni di persone femministe, per condividere le lotte".
Federica Fabrizio rivela che da piccola è stata ispirata da un personaggio della letteratura: Jo March del romanzo 'Piccole donne'; di Jo ammirava l'audacia, la determinazione, lo spirito ribelle, l'estro. Scrive: "Ti ho conosciuta così, Jo, facendo quasi finta di essere te, ammirando il tuo coraggio di tagliare i capelli - coraggio che io non ho mai avuto fino allo scorso anno - e condividendo con te la voglia di correre nonostante la gonna lunga che rendeva i tuoi giochi tanto scomodi".
Fra le vite narrate nel libro ci sono quelle della fotografa siciliana Letizia Battaglia, di Berta Cáceres, attivista per i diritti delle popolazioni autoctone dell'Honduras assassinata nel 2016, dell'intellettuale settecentesca Mary Wollstonecraft - fondatrice del femminismo liberale, definita all'epoca 'iena in gonnella -, dell'imprenditrice Luisa Spagnoli, dell'icona della tv Raffaella Carrà, della pittrice messicana Frida Kahlo, della scienziata Rosalind Franklin, dell'attivista americana Marsha P.
Johnson, della rockstar Janis Joplin che incarnava un nuovo modello di bellezza, lontano dalla perfezione delle dive hollywoodiane. "Janis - scrive Fabrizio - rivendicava solo il diritto di esistere alle sue regole. Salire sui palchi senza trucco nonostante l'acne, non sottostare alla pressione della perfezione, è senza dubbio un atto politico e rivoluzionario, assolutamente coerente con lo spirito dell'artista e con gli anni di rivolta sociale che rappresenta. Per comprendere questa scelta basterebbe accettare che esistono diversi tipi di femminilità, talmente tanti che probabilmente non ha nemmeno senso parlare di femminilità in generale'. Le 'femminucce' che compiono grandi imprese sono ovunque, sottolinea l'autrice, che rivolge un invito diretto al lettore: "Ora chiudi questo libro e vai a cercarle".
image-11448530-casa-9bf31.png
 

Primopiano

Il cannolo più buono lo fanno a Nicosia (Enna)

image-12257957-Kissinger-aab32.jpg
È quello dell'Antica gelateria dei fratelli Enzo, Giuseppe e Alessandro Granata, premiati anche per il gelato al cedro
Bienne, 22 Giugno 2023 - La disputa è dolce e antica, ma divide palati, pasticceri e 'contee' del gusto. Vere tifoserie agguerrite. La ricotta in Sicilia, si sa, è una cosa seria. Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela o la provincia ennese? Al centro uno dei simboli della pasticceria siciliana, sua maestà il cannolo. Ebbene, per l'Accademia italiana della cucina, il miglior cannolo siciliano è quello dell'Antica gelateria dei fratelli Enzo, Giuseppe e Alessandro Granata, il bar pasticceria che si trova in piazza Garibaldi, cuore del centro storico di Nicosia (Enna).
Il riconoscimento, ultimo dei tanti ricevuti dai mastri gelatieri e pasticceri Granata, è arrivato dopo che alcuni clienti hanno ordinato e degustato i loro cannoli e solo dopo hanno esibito i tesserini di ispettori dell'Accademia. Con il riconoscimento, è arrivato anche un servizio sulla rivista "Civiltà della tavola" in una edizione che celebra i 70 anni dell'Accademia, fondata il 19 luglio del 1953. "Tra dolci, gelati, ricette e impasti - dice ad AGI Alessandro - ci siamo cresciuti. Nostro padre aprì un piccolo bar nei primi anni Ottanta e oggi siamo qui". Anche se i fratelli Granata hanno ottenuto diversi riconoscimenti, nazionali ed internazionali, non nascondono che un premio, per loro "è sempre una grande emozione".
Nel 2017 sono stati inseriti nell'elenco dei pasticceri internazionali, nel 2016, con altri pasticceri siciliani, sono stati inseriti nel Guinnes world record per il torrone più lungo del mondo, realizzato a Mazara del Vallo, con il record per un torrone lungo 1 chilometro.
Hanno vinto premi in tutta Italia, compreso il prestigioso primo premio allo Sherbeth festival il concorso internazionale del gelato artigianale che li ha visti classificati al primo posto per il loro gelato al cedro. Sono anche tra le 10 pasticcerie siciliane dove si gusta la migliore granita con brioche e sono stati citati da Il gambero rosso e In viaggio.
Il mastro del gelato è Enzo, il maggiore dei fratelli che partendo da una antica ricetta segreta, ha elaborato provando e riprovando variazioni nei quantitativi degli ingredienti, rendendolo una prelibatezza unica. Alessandro è il mastro pasticcere grande esperto dei segreti della pasta di mandorle e dei dolci tipici siciliani e nicosiani, mentre Giuseppe cura vendite e marketing. Papà Salvatore, scomparso qualche anno fa, avvia l'attività sempre in piazza Garibaldi, ma la svolta arriva quando i fratelli Antonio ed Enrico D'Alessandro, pasticceri e gelatieri nicosiani, titolari dello storico bar Roma aperto nel primo dopoguerra, notissimi in tutta la Sicilia orientale, decisero di ritirarsi dall'attività.
"Credo sia stata simpatia, affetto, o forse solo il timore che le loro specialità, che facevano concorrenza alle più prestigiose pasticcerie di Palermo e Catania, andassero perdute per sempre. Si presentarono nel nostro piccolo bar - racconta Giuseppe - dicendoci che avevano deciso di consegnarci il loro manuale di ricette segrete. Poco dopo Antonio morì, ma il signor Enrico, anche lui ormai scomparso da anni, per un paio di mesi venne nel nostro laboratorio per insegnarci anche i segreti della preparazione di dolci e gelati".
Così quelle ricette, sicuramente tramandate da mamme e nonne, per decenni custodite tanto gelosamente che i D'Alessandro mandavano via i dipendenti quando preparavano e miscelavano gli ingredienti, non sono andate perdute e grazie ai fratelli Granata continuano ad essere patrimonio della gastronomia tipica. 

Rassegna stampa

00:00:00